Pubblicità “mafiosa”: il gran casino di Guardia e le cimici di Bruni

Agostino Iacovo era stato nuovamente arrestato dalla procura della Repubblica di Paola il 22 marzo scorso. E’ indagato insieme ad altre 16 persone per un giro di società controllato tramite prestanome. Un’operazione “sorella” della recente svolta sugli impianti pubblicitari ad Acquappesa e Guardia Piemontese il 18 marzo.

Iacovo era stato arrestato il 4 marzo dell’anno scorso su ordine del Gip del Tribunale di Paola in accoglimento di una richiesta del sostituto procuratore Anna Chiara Fasano. L’accusa principale è quella di aver sottratto alle misure di prevenzione patrimoniale risorse economiche “gestendo nei fatti plurimi esercizi commerciali fittiziamente intestati a terzi prestanome”.

Agostino Iaoovo

Una rete di attività, come spiega l’inchiesta, “facente capo di fatto ad Agostino Iacovo. Il soggetto – sostengono gli inquirenti – in posizione centrale mostra di muoverne le fila. Assume in prima persona decisioni fondamentali. Ha comportamenti inerenti la gestione di soggetti ed attività economiche fondamentalmente intestati a persone prive di consistenze reddituali e patrimoniali. Gestori apparenti che nell’interagire con lui mostrano di riconoscergli pienamente detto ruolo. Effettua inoltre operazioni interscambiando risorse e attività dell’uno e dell’altro esercizio con modalità assimilabili a quelle di una holding di fatto allo stesso facenti capo. Trasforma quindi le società e ne fa sorgere nuove formalmente intestate a soggetti complici.

Quattordici le società coinvolte. Alcune delle quali, come la Publidei e la Media Plan, le ritroviamo nell’operazione dei carabinieri della Compagnia di Paola che ha portato al sequestro di diciassette cartelloni pubblicitari nei comuni di Acquappesa e Guardia Piemontese. Inchiesta nella quale è stato nuovamente coinvolto proprio Agostino Iacovo insieme alla sorella Gigliola, al fratello Dino e al socio storico Enzo Buono ma anche insieme a tutti gli altri prestanome, tra i quali le posizioni più gravi sono quelle di Salvatore Sciammarella, 62 anni di Paola e di Adele Tutino, 44 anni, di Cetraro.

Vincenzo Rocchetti, sindaco di Guardia Piemontese arrestato oggi, era stato indagato a marzo dello scorso anno insieme al sindaco di Acquappesa Giorgio Maritato e ad assessori e funzionari dei due comuni in un’inchiesta della Procura di Paola che aveva portato al sequestro preventivo di 17 maxi pannelli pubblicitari con contestuale notifica di avviso di garanzia. I reati ipotizzati sono turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, depistaggio, abuso d’ufficio, rifiuto di atti d’ufficio, falsità ideologica.

Secondo quanto emerso dalle indagini dei carabinieri di Guardia Piemontese e della Compagnia di Paola, la gestione del servizio pubblicitario sarebbe stata affidata in violazione del Codice degli appalti pubblici. In particolare sarebbero state favorite, con affidamenti diretti, società prive dei requisiti e riconducibili a soggetti pregiudicati e/o sorvegliati speciali legati alla cosca Muto. I comuni, inoltre, non percepivano canone e non avrebbero abbattuto i cartelloni nonostante un provvedimento dell’Anas.

Rocchetti, dunque, è indagato ed è attenzionato dalla procura, che lo intercetta. Lui se ne accorge e senza battere ciglio fa bonificare gli uffici dalle cimici, utilizzando risorse pubbliche appostate alla voce di bilancio dell’Ente destinata a “Spese per opere pubbliche finanziate dalle concessioni edilizie”. Evidentemente temeva le inchieste. 

Due indagini parallele quelle svolte dalla Finanza, dal comandante Paolo Marzano e dai carabinieri guidati da Antonio Villano. Entrambe portano la firma del sostituto procuratore Anna Chiara Fasano. E’ del tutto evidente che, nel corso delle indagini, non sarà sfuggita la contiguità di Agostino Iacovo al clan Muto, già affiorata nell’inchiesta Plinius. A questo punto, Iacovo è con le spalle al muro. Anche perché non gli sarà facile dimostrare la sua estraneità a certe logiche che nel territorio sono regole ferree fin dalla notte dei tempi. Ben difficilmente un “cane sciolto” avrebbe avuto la possibilità di movimentare affari – come ha fatto Iacovo – per oltre 3 milioni di euro senza colpo ferire e senza dare spiegazioni.

Iacovo agiva in tandem con il colosso della pubblicità calabrese Pubbliemme e le sue società scatole cinesi intervenivano in quei Comuni, tipo Cosenza, dove il patron Maduli, causa morosità, non poteva chiedere spazi. Ci sono regolari fatture che coinvolgono Publidei e che sono state pagate a Iacovo dall’organizzazione di Lucio Presta, nel periodo in cui aveva ufficializzato la sua candidatura a sindaco di Cosenza. E non è un mistero che la pianificazione pubblicitaria di quella campagna elettorale del Pd era stata affidata a Maduli e alla Pubbliemme.

Come se non bastasse, il Comune di Cosenza e i vigili urbani hanno da tempo emanato un’ordinanza di demolizione del grande impianto pubblicitario di via Pasquale Rossi (sempre causa morosità nel pagamento dei canoni) mentre anche nella vicina Castrolibero Pubbliemme sguazza a suo piacimento con 20 tabelloni 6×3 e anche a Rende c’è la sua longa manus.