Regione, il pozzo senza fondo delle società partecipate: 448 milioni di perdite!

Il tema delle società partecipate della Regione #Calabria ha sempre incuriosito chi osserva, con interesse e leggera preoccupazione, le dinamiche di sviluppo della regione. Ecco alcune ricorrenti: quante sono? Cosa producono? Qual è il livello di efficienza della loro azione? Servono? Quanta sotto-occupazione generano?
In questo saggio breve pubblicato su OpenCalabria, l’economista Francesco Bruno mette ordine sulla regolamentazione in essere ed evidenzia i fardelli locali che ancora occorre risolvere.

Le partecipate dalla Regione Calabria

Nelle schede tecniche elaborate dalla Regione Calabria (Anche solo “Regione” o “Ente” nel prosieguo) si legge che:

  1. «È stato approvato il “Piano di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie” con interventi articolati in eliminazioni, aggregazioni e riorganizzazione e sono state accelerate tutte le procedure per rendere operativo il piano».
  2. «Sono stati normalizzati nella gestione e/o rilanciati nella loro missione tutti gli enti e le partecipate regionali in grado di svolgere una funzione positiva nei settori dell’economia e dei servizi».

Il tutto accompagnato dalle misure intraprese e da alcuni numeri delle partecipate stesse. Cerchiamo di approfondire la questione, usando l’ultimo Giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Calabria, a cura della sezione regionale della Corte dei Conti e la Relazione sulle società partecipate e sugli enti strumentali a cura del Presidente Ginestra. La Regione detiene partecipazioni nel capitale di otto società attive:

  • Banca Popolare Etica (0,21%);
  • COMALCA s.c.a.r.l. (27,28%);
  • Ferrovie della Calabria s.r.l. (100%);
  • Fincalabra s.p.a. (100%);
  • Locride Sviluppo s.c.p.a. (20%);
  • SACAL s.p.a. (10%);
  • SOGAS s.p.a. (13,02%);
  • Terme Sibarite s.p.a. (100%).

Poi ci sono le partecipazioni in società poste in liquidazione:

  • CERERE s.c.a.r.l. (30%);
  • COMARC s.r.l. (20,98%);
  • Consorzio per la Promozione della Cultura e degli Studi Universitari di Crotone s.r.l. (60%);
  • Progetto Magna Graecia s.r.l. (51%);
  • SIAL Servizi s.p.a. (100%);
  • ME.SA. s.p.a. (50%);
  • Stretto di Messina s.p.a. (2,58%);
  • Sviluppo Italia Calabria s.c.p.a. (18,20%);
  • SO. RI.CAL. s.p.a. (53,50%).

E poi ci sono le partecipate in fallimento:

  • Aeroporto S. Anna s.p.a. (14,11%);
  • COMAC s.r.l. (77,61%);
  • Consorzio CIES (1,46%).

Il tutto, per un valore delle partecipazioni stimato in poco più di 46 milioni di euro. Inoltre, ci sono gli enti strumentali della Regione (li vedremo di seguito) e le Fondazioni.

Analizziamo ora i principali punti sottolineati dalla Corte dei Conti.

La trasparenza. La Corte lamenta dei problemi di trasparenza, inerenti:

  • all’assenza dei bilanci di Progetto Magna Graecia s.r.l. in liquidazione e SIAL Servizi s.p.a. in liquidazione (per assenza dell’approvazione alla data della verifica), oltre a quelli di Sviluppo Italia Calabria s.c.p.a. in liquidazione e Locride Sviluppo s.c.p.a., in quanto non trasmessi dall’Ente;
  • alla mancata pubblicazione sui siti dei rendiconti e dei bilanci;
  • alla mancata pubblicazione dei documenti contabili sul sito della Regione.

A causa poi della mancata comunicazione dei dati delle società partecipate al Dipartimento Bilancio della Regione, non è stata redatta la nota informativa che avrebbe dovuto illustrare i crediti e i debiti reciproci della Regione con i propri enti strumentali e le società controllate e partecipate, di grande importanza ai fini del principio di trasparenza, ma anche per evitare “sorprese” debitorie inattese. Sempre sul tema della trasparenza, già nella relazione del 2015 si evidenziava che «Sotto vari profili, infatti, si è rilevata una grave carenza informativa, sia nel sistema di reporting istituzionalizzato dalla normativa nazionale e regionale (sotto forma di relazioni di varia natura) che nel corretto funzionamento dell’ordinario meccanismo di comunicazione societario (produzione tempestiva ed esaustiva della documentazione di bilancio da parte delle società partecipate)».

La riduzione delle spese. Secondo la Corte, «La Regione risulta gravemente inadempiente nell’esercizio dei propri poteri/doveri di socio pubblico delle società da essa partecipate», in quanto avrebbe dovuto approvare le linee di indirizzo per definire le precise riduzioni dei costi per ciascuna partecipata (tra il 10 e il 30%). A detta della Regione, ciò non è potuto accadere a causa «esigue e tardive risposte» fornite dalle società. Conclude la Corte che «Tale violazione risulta tanto più grave se si consideri che la Regione ha lasciato pressoché inattuate le numerose leggi regionali in materia di riduzione degli oneri delle società partecipate e degli enti strumentali (…)». Nel dettaglio delle società partecipate per le quali sono disponibili i dati, le Terme di Sibaritide s.p.a. hanno ridotto le spese dell’1,78%, la Sorical ha ridotto dell’1,95% (con aumento delle spese di personale del 5%, che ha portato le stesse a superare i 13 milioni di euro). Per il Progetto Magna Grecia e il Consorzio Universitario Crotone, ambedue in liquidazione, i dati sono insufficienti.

ENTI SUB-REGIONALI

Poi ci sono i costi dei cosiddetti enti sub-regionali (enti strumentali, istituti, agenzie, aziende, fondazioni, e altri enti dipendenti, ausiliari o vigilati dalla Regione). Tra queste, risultano virtuose l’Arpacal (- 28,79%), Calabria Lavoro (- 22,94%) e Arcea (-14,43%), male, invece, l’Ardis (+ 13,17%) e l’Arsac (+ 1,63%).

Poi c’è Calabria Verde, nota alle cronache giudiziarie, che – seppur complessivamente ha ridotto le spese del 10,52% grazie a minori costi di utenze e di servizi postali – ha aumentato notevolmente i costi del personale (da 146 a 209 milioni) e raddoppiato quelli per “manutenzione di mobili, acquisto e manutenzione di macchine e attrezzature varie non informatiche per il funzionamento degli uffici” (da 78 a 160 milioni).

Proprio l’incidenza dei costi del personale è da sempre tema supervisionato dalla Sezione Autonomie della Corte dei Conti, che nella relazione 2015 sugli organismi partecipati evidenziava l’anomalia delle regioni del Sud «(…) Tali risultati assumono particolare valenza con riferimento alle regioni nelle quali l’incidenza riferita alle partecipazioni totalitarie è particolarmente elevata, sfiorando o, addirittura, superando il 50% (Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia)».

Per quanto concerne le cinque ATERP (aziende territoriali edilizia residenziale pubblica) invece, le riduzioni sono quasi sufficienti Catanzaro (- 7,69 %), bene per Crotone (- 27,29%), male Reggio Calabria (+ 7, 78%), malissimo Cosenza (+ 44,64 %) e Vibo Valentia (+ 56,76%).

Le perdite

Le perdite più pesanti di esercizio arrivano dalla Sogas (- 8 milioni,di Euro con incidenza di negativa di circa 1 milione di Euro per la Regione) e dalle due partecipate al 100% Fincalabra e Ferrovia della Calabria (rispettivamente – 6 milioni Euro e – 1 milione Euro circa). In generale, su diciotto società, sette sono in perdita, cinque in utile, tre hanno un bilancio non approvato, due sono in fallimento e una dismessa. La Corte dà, quindi, un «(…) giudizio complessivo sulla inefficienza economico-finanziaria dell’esternalizzazione regionale». Tante perdite, nonostante i contributi erogati dalla Regione tra il 2012 e il 2015 per un importo complessivo pari a € 448.863.829,31. Ovvero: 448 MILIONI 863 MILA 829 EURO!!!

Oliverio e Lo Feudo

Particolarmente delicata la situazione di Ferrovie della Calabria, per la quale nella Relazione di dicembre 2015 si evidenziava che «(…) per ciò che concerne la società Ferrovie della Calabria s.r.l. in ragione dell’intervenuta acquisizione solo nel 2012: il mutamento della compagine societaria non determina il venir meno della ratio della norma, orientata a evitare il mantenimento di risorse pubbliche in un investimento che non consente nemmeno la remunerazione del capitale investito. Anzi, nel caso di specie, si configura, nell’acquisto di una società già in pesante perdita, una scelta pubblica quantomeno discutibile poiché consistente nel convogliare risorse (pubbliche) scarse in una iniziativa economica in perdita (senza che siano state esplicitate le valutazioni sulle condizioni di recupero della remuneratività del capitale da investire)». Per tale società il contributo della Regione è lievitato dai 34 milioni del 2012 ai quasi 75 milioni del 2015.

Conclusioni

Nonostante la Regione voglia dimostrare di aver cambiato rotta rispetto alle gestioni passate, non si può omettere di osservare che ancora si è lontani da una gestione efficiente delle società partecipate e degli altri enti sub-regionali.

La Relazione evidenzia delle lacune importanti, ad esempio sugli atti emanati dall’Ente: «Dall’analisi delle iniziative legislative e degli atti amministrativi che si sono susseguiti emergono una persistente confusione del quadro normativo regionale, con scelte stratificate, ripetitive e, in alcuni casi, contraddittorie, accompagnate da pesanti ritardi attuativi dell’Esecutivo e una pressoché totale carenza dell’attivazione della propria funzione di controllo da parte dell’organo legislativo le cui indicazioni, invero non lineari, sono state spesso totalmente disattese. Ne deriva l’incompiutezza di un percorso di smantellamento o correzione di modalità di soddisfacimento dei pubblici interessi ormai rivelatesi palesemente fallimentari e spesso clientelari, percorso oltre che necessitato da una corretta ed efficiente gestione delle risorse pubbliche, divenuto assolutamente improrogabile alla luce dell’esigenza di contenimento della spesa regionale».

Inoltre, non sembra essere stata recepita ancora la logica legislativa nazionale che prevede l’indispensabilità delle partecipazioni. In conclusione, a prescindere da quando sarà pienamente effettivo il Testo Unico sulle partecipate, sarebbe necessario un immediato sforzo aggiuntivo di tipo quantitativo da parte della Regione Calabria, sia in termini di trasparenza, sia in termini di governance. Ciò certamente contribuirebbe a migliorarne l’efficacia dell’azione istituzionale, evitando, in ultima analisi, aggravi sui conti dell’Ente senza alcun ritorno degli investimenti per il benessere collettivo.