Università e Potere (di Giovanni Potente)

Università e Potere  

di Giovanni Potente

La reazione della polizia nei confronti di quanti manifestavano contro il Ministro dell’Interno, lo scorso 19 giugno all’UNICAL, ha suscitato le vibranti proteste di molti e qualificati membri della comunità accademica. Qualcuno ha scritto di «deriva autoritaria». Altri hanno reclamato l'”indipendenza” e la sacra “autonomia” dell’Università.

In realtà, non può stupire come il Potere (l’establishment economico-politico) basi il proprio dominio anche sul supporto materiale dell’apparato militar-poliziesco. E del resto, le più lucide espressioni del pensiero del Novecento – Gramsci, Barthes, Foucault, Pasolini – ci hanno insegnato che la dimensione precipua del Potere moderno è ideologica, linguistica, immateriale. E che altrettanto ideologiche ed immateriali sono le sue prassi egemoniche, come il condizionamento culturale dell’ “opinione pubblica” garantito dall’utilizzo della pubblicità e dalla propaganda e dal controllo del sistema mediatico e di quello scolastico-universitario.

In effetti, nelle dinamiche del Potere capitalista e neoliberista oggi dominante su scala planetaria un ruolo essenziale lo svolge, assieme al sistema mediatico, proprio l’Università. Per esempio, è nelle Facoltà economiche universitarie dell’Occidente che è stato elaborato quel neoliberismo che funge da immateriale “fondamento ideologico” del Potere plutocratico sovranazionale ed alimenta culturalmente e moralmente il mondo e le relazioni sociali che il Potere impone.

È a partire dalle aule universitarie -e poi attraverso il sistema mediatico- che il neoliberismo è stato imposto come “pensiero unico dominante”. Insomma, è esattamente la Kultur accademica che garantisce valore pseudo-scientifico e legittimazione morale ai principi neoliberisti che oggi rappresentano i vigenti parametri culturali e morali e i dogmi ideologici che “regolano” i rapporti sociali: il primato del “privato” sul “pubblico” come presupposto assoluto; la conseguente destrutturazione sistematica dello Stato e l’erosione di ogni sua residua sovranità; il culto acritico del “libero mercato” che si regolerebbe da sé (ma che invece ha come unico parametro il profitto a tutti i costi); il mito dello “Sviluppo” (che ci fa scambiare per ‘evoluzione culturale’ l’implemento delle funzioni del nostro iphone, mentre è lo stesso modello di “Sviluppo” che sta provocando la devastazione sociale e ambientale del pianeta) ecc.

Insomma, è proprio nelle Università che ha avuto inizio la vera “deriva autoritaria” in corso, che non è, come intende ingenuamente qualcuno, quella “del manganello”, bensì quella, molto più profonda e subdola, di matrice culturale, che consiste nell’averci  lasciato un unico valore: l’arido ‘computo dei profitti’ cui è stata ridotta la “Ragione” illuminista; e nell’averci imposto una sola autorità: quella del Mercato, degli “investitori” e delle loro logiche inumane.

Ecco: l’egemonia dell’establishment si esercita prima di tutto in chiave ideologica e morale e ci fa aderire culturalmente e moralmente ad un modello di società. Ed in questa fase storica precisamente l’ideologia neoliberista che assorbiamo da ogni parte (e che resta di matrice accademica) ci fa accettare come ‘normale’ la distruzione in atto dei diritti dei lavoratori; il precariato; la disoccupazione; la truffa dell’euro e del cosiddetto “debito pubblico” che sta devastando il nostro Paese; la tirannia tecnocratica della UE; i rovinosi tagli alla spesa pubblica: insomma, una società che costringe i giovani laureati ad emigrare perché ormai è consuetudine ordinaria che non ci scandalizza più (mentre dovrebbe armarci la mano) offrire ad ingegneri ed architetti stipendi da 400 euro al mese.

Allora reclamare l'”indipendenza” e la “sacra autonomia” dell’Università mentre la stessa Università è direttamente funzionale al Potere è una forma di stucchevole ipocrisia, oppure il vezzo moralistico di qualche ingenuo che non si accorge di difendere un enorme “sepolcro imbiancato”. In realtà, l’Università non è un ‘tempio della cultura’ inaccessibile alla degenerazione morale del mondo.

Al contrario: è una struttura di potere e del Potere, in cui vige e viene costantemente alimentata la logica dominante del Potere stesso. Insomma, quanti lanciano appelli e si dichiarano scandalizzati ed offesi dai manganelli di Minniti, che avrebbero infranto in modo sacrilego la “santità” dell’UNICAL, dove erano, mentre il partito dello stesso Minniti finiva di consegnare il nostro Paese al Moloch della BCE e dei ‘poteri forti’ sovranazionali? Che fanno, che cosa dicono, quale dissenso esercitano, mentre in ossequio ai regolamenti europei il Governo “di centro-sinistra” procede ai tagli alla spesa pubblica «che ci chiede l’Europa» (tradotto: che servono a pagare gli interessi agli strozzini della BCE)? Dove sono, mentre a causa di questi stessi tagli l’UNICAL è costretta ad aumentare le tasse agli studenti e costringe nella perenne ed umiliante condizione di “precari” centinaia di colleghi che con il loro lavoro e i loro sacrifici mandano avanti l’Ateneo?

Ed altrettanto vano e noioso è il “dissenso ad intermittenza” e sempre orientato all’esterno del mondo accademico di una certa componente -immagino di poterla definire “di sinistra”- dell’ UNICAL: quella che quando arriva Minniti riscopre tutta eccitata l’urgenza della contestazione e il diritto di manifestare il dissenso; mentre tutto il resto dell’anno lavora senza battere ciglio nello stesso contesto -nella stessa Istituzione- che avalla e ‘fonda’ culturalmente e moralmente il mondo ingiusto in cui viviamo. E ribadisco, ci lavora pressoché “senza battere ciglio”: senza comprendere che il vero “fronte” dentro il quale esercitare il dissenso dovrebbe essere proprio l’Università stessa, quotidianamente, nel segno della più lucida autocritica; senza capire che la gravità della situazione è tale che l’Università dovrebbe essere in mobilitazione permanente.

Altro che contestare una tantum qualche ministro, dunque. Se le nostre Università fossero davvero una autonoma e franca fucina di intelligenze critiche e il “motore immobile” di un autentico “pensiero libero”, ogni giorno all’UNICAL si attiverebbero iniziative culturali e politiche per denunciare la truffa del debito pubblico; convegni per illustrare teorie economiche alternative al “pensiero unico” neoliberista; dibattiti pubblici in cui mettere in discussione i dogmi dell’ “europeismo a tutti i costi”; ecc.

Invece, di solito e tranne rari casi, nulla di tutto questo: solo il quieto vivere di tutti, in attesa che per qualcuno -i più vivaci- si presenti la prossima occasione (qualche nuova visita di qualche ministro) per giocare agli “indiani” contro le ‘giacche blu’. Intanto, avanti con il solito “rito” dei corsi e degli esami, in vista di mandare i nostri laureati a lavare bicchieri nelle birrerie di Londra o di Berlino. Ed avanti con le solite lotte intestine tra gruppi di potere. Mentre il (vero) Potere ringrazia.