E’ morto Tonino Lorè: la sua epopea nel libro “‘Ndrine, sangue e coltelli”

Si è spento ieri Antonio Lorè, per tutti Tonino, nome importante della vecchia criminalità cosentina. Aveva 68 anni e ha legato il suo nome soprattutto alla malavita degli anni Settanta e Ottanta, quando era organico al clan di Franco Pino e Tonino Sena.

“Negli anni Settanta Cosenza era diventata una sorta di cerniera per la camorra, la ‘ndrangheta e Cosa Nostra – si legge nel libro “‘Ndrine, sangue e coltelli” di Antonio Nicaso e Nicola Gratteri -. Molti esponenti di queste organizzazioni criminali si erano spinti prepotentemente nel Cosentino suscitando non pochi malumori.
Giuseppe Cirillo, un boss legato a Raffaele Cutolo, si era trasferito nella Sibaritide mentre Ciccio Canale, un vecchio capobastone di Reggio, con l’appoggio di Francesco “Ciccio” Spina, un boss originario di Mirto Crosia, aveva cominciato a taglieggiare commercianti e imprenditori di Cosenza.
Nel 1972 Canale e Spina erano venuti alle mani con un certo Enzo Rizzo, vicino ai Piromalli di Gioia Tauro, e questo episodio convinse un gruppo di cosentini a chiedere l’intervento dell’indiscusso capo della malavita cosentina, Gigino Palermo detto ‘u Zorru…”.

Antonio Lorè era cresciuto nel centro storico di Cosenza insieme ai fratelli coetanei Settimio e Carlo e aveva un buon rapporto con Franco Pino e Tonino Sena ed era insieme a loro quando chiesero a Palermo di non far diventare Cosenza una zona franca.

L’anno successivo però, come si evince sempre dal libro di Nicaso e Gratteri, Tonino Lorè venne iscritto nella lista nera del boss perché reo di aver rubato una parte della vendita di un carico di sigarette di contrabbando.

Nicaso e Gratteri, in particolare, ricordano che Gigino Palermo “… venne accolto in piazza Fera a pistolettate da Carlo Lorè, il fratello di Antonio. Un proiettile lo colpì ad una natica…”.

Ma non solo. Palermo non perdonava a Lorè di avergli soffiato il noto ristorante “La Torraccia” e fece di tutto per prenderselo con attentati e minacce. Alla fine riuscì a trovare un accordo sulla base dei soldi investiti per acquistarlo ma la cifra venne gonfiata da Lorè e quando Palermo scoprì di essere stato ingannato, lo scontro fu inevitabile.

L’ex capo della squadra mobile Lanzaro racconta che i fratelli Lorè per contrastare Palermo si allearono con Franco Pino e Antonio Sena.

Qualche anno dopo Palermo fu eliminato e nella successiva guerra di mafia Tonino Lorè, come ci racconta sempre il libro “‘Ndrine, sangue e coltelli”, era al fianco di Pino e Sena e in più testimonianze dell’epoca si trova traccia della sua collaborazione con Pino in riunioni, appuntamenti e attività illecite.

Intanto Settimio Lorè si trasferisce in Germania e fa fortuna mantenendo stretti rapporti col fratello, che investe buona parte di quei soldi per attività a Cosenza.

Successivamente Settimio sarebbe tornato in patria aprendo la clinica San Francesco a Mendicino.

Il nome di Tonino Lorè era tornato alla ribalta nel 2001 quando Settimio avrebbe voluto rilevare il Cosenza Calcio e diede vita ad una lunga diatriba con Paolo Fabiano Pagliuso. Tonino era intervenuto per mettere pace e la sua mediazione ebbe i risultati sperati: Pagliuso si tenne il Cosenza ma pagò fino all’ultima lira i debiti che aveva contratto con Settimio.
Poi si era ritirato a vita privata. In tanti lo ricordano, non solo per i suoi trascorsi burrascosi, ma per un indiscutibile carisma e una buona dose di istintiva ironia, che lo rendeva comunque simpatico e gioviale.