L’Italia del pallone ma non solo è travolta dall’euforia dei tifosi del Milan, che non contengono più la gioia per gli acquisti a raffica e soprattutto per il “colpo” Bonucci messo a segno proprio in casa dell’eterna rivale, la Juventus. E l’euforia del popolo rossonero esalta in maniera divertita Fassone e Mirabelli, i maggiori protagonisti della “svolta”.
Per noi cosentini e calabresi, il fatto che nella stanza dei bottoni rossonera ci sia Massimo Mirabelli costituisce grande motivo d’orgoglio e il direttore sportivo sa come diventare personaggio e conosce il suo mestiere. Il suo buffetto alla Cannavacciuolo sul collo di Donnarumma ha divertito tutti ma è chiaro che è stato l’affare Bonucci a far scattare la “rivoluzione”. Così come scrive anche la Gazzetta dello Sport.
Milan, Fassone, Mirabelli, Bonucci capitano e…: è la rivoluzione di Mister Li
Dirigenza, tifosi e squadra: la nuova proprietà ha operato scelte spesso controcorrente per segnare il distacco col passato
“La rivoluzione non è un pranzo di gala; non è un’opera letteraria, un disegno o un ricamo; non la si può fare con altrettanta eleganza, tranquillità e delicatezza o con altrettanta dolcezza, gentilezza, cortesia, riguardo e magnanimità. La rivoluzione è un’insurrezione…”.
Per dare la sua impronta al Milan, Yonghong Li deve essersi ispirato anche al connazionale Mao Tse-Tung. E non si è proprio risparmiato. In tre mesi ha completamente “ribaltato” il club rossonero dopo 30 anni di ingessata gestione berlusconiana. Dirigenza, tifosi e squadra: scelte spesso controcorrente per segnare nettamente il distacco col passato. E l’inizio dell’era cinese.
MILAN AI (NON) MILANISTI — Appartenenza. Era questo la caratteristica principale a cui si ispirava la precedente dirigenza rossonera. Dietro la scrivania e in panchina, il Milan doveva essere dei milanisti. Solo Zaccheroni, Allegri e Mihajlovic avevano “rotto” la tradizione costruita da Sacchi, Capello e Ancelotti sotto la regia del duo Berlusconi-Galliani, rimasti al comando del club dal primo all’ultimo giorno. La rivoluzione di Li è partita proprio da qui. Il romanticismo ha lasciato spazio al pragmatismo: la nuova proprietà non si è fatta alcun tipo di problema nell’affidare la ricostruzione della squadra ad ex dirigenti dell’Inter (Fassone e Mirabelli, seguiti dal nuovo team manager Andrea Romeo). E, dopo tre mesi, le bocche storte di molti tifosi rossoneri si sono già trasformate in sorrisi compiaciuti.
UN MERCATO… SOCIAL — Croce e delizia. Proprio i commenti dei supporters sul web sono il termometro del cambiamento. #ultracompetitivi #apostocosì #parametrizero erano gli hashtag irriverenti che caratterizzavano fino a qualche mese fa le critiche feroci dei milanisti all’indirizzo di Galliani. “Veniamo alle cose formali…” è diventato invece adesso il refrain, quasi il mantra, con cui i tifosi del Milan, citando Fassone, ammiccano sui forum all’ultimo nuovo acquisto. E la proprietà cinese ha sfruttato l’occasione, aprendo, come mai in precedenza, le porte di Casa Milan ai social. Diventati improvvisamente da dannazione a teatro della celebrazione.
UNA FASCIA DI ROTTURA — In questo senso, l’ultimo oggetto di culto è stato Leonardo Bonucci. L’ex difensore juventino, però, rappresenta anche il definitivo segnale di rottura del nuovo Milan col proprio passato. Appena acquistato e subito designato capitano. In barba a tutte le tradizioni passate che, nel trentennio berlusconiano, avevano sempre visto la fascia finire sul braccio di un “milanista vero”: da Baresi a Maldini, da Ambrosini perfino a Montolivo, designato in prima persona dall’ex presidente.
Ora, invece, tocca a Bonucci, che diventa il simbolo della rivoluzione cinese. Un’insurrezione quasi “violenta” nel rompere col passato. Ma fortemente proiettata nel futuro e non più nel ricordo degli anni d’oro.
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