Cosenza. A Fera, una sorta di Woodstock del tirare a campare (di Franco Panno)

di Franco Panno

A Fera.
Sullo sfondo sonoro di Born to be Alive di Patrick Hernandez, tradotto nella versione neomelodica “Mia tu sarai”, un signore pugliese, fierista da sempre spaccava i piatti per sottolinearne la consistenza. Un ragazzo senegalese di due metri offriva, per una offerta, statuine portafortuna. I cavallucci di caciocavallo, la mela zuccherata, corredi, lenzuola, tutto ciò che occorreva per un matrimonio “cumu Diu cummanna”.

Non ero un frequentatore assiduo della Fiera. Ma nelle ore meno trafficate, una puntata la facevo, questo fino alla prima adolescenza.
Mi piaceva il nomadismo dei venditori li consideravo Artisti a tutti gli effetti.
Era una sorta di Woodstock del tirare a campare.
Osservavo con curiosità chi si inventava la vita, senza certezze. Domani è un altro giorno.
Conobbi Mimmo un venditore di stoffe. Occhi malinconici. Freneticamente gentile. Si sbatteva indefessamente, per guadagnare la pagnotta.
In un intervallo rifocillante, mi raccontò di quando nella sua Napoli, a Porta Capuana, un signore dai lineamenti nobili, col mento storto, comprò tutto il suo banco di stoffe. Era certo di capire chi fosse quel Signore. Ascoltavo incantato. Mi disse commosso “Ne guaglio’ , cinque pampine rosa….”. Era il colore delle diecimila lire del tempo.
I miei ricordi della Fiera… Come al solito l’umanità prese il sopravvento rispetto alla Kermesse.
Buona giornata a tutti.